Jorge Ibargüengoitia (Guanajuato, Messico 1928 – Madrid 1983) è stato dapprima autore teatrale, e al teatro latino-americano ha dato testi storico-politico-didascalici, sul versante di una feroce e ragionata ironia, antiretorica e antieroica. Demistificatore di miti nazionali, da quello rivoluzionario a quello “machista”, la sua commedia più nota è L'attentato (1963), inedita purtroppo in Italia, sui meccanismi della provocazione politica. E' anche il testo che lo fece conoscere. Ibargüengoitia è stato anche saggista (Viajes a la América ignota, 1972), ma ha scritto sopratutto racconti (La ley de Herodes, 1967) e romanzi, tra satirico e polizieschi: Le folgori d'agosto (1965, edito in Italia da Vallecchi), Ammazzate il leone (1969, Feltrinelli), Estas ruinas que ves (1974), Le morte (1979, Einaudi), Due crimini (1979, Einaudi). Morì in un incidente aereo sul cielo di Madrid in cui scomparvero molti intellettuali latino-americani, reduci da un convegno internazionale.
Tutto ciò che vediamo intorno a noi, bambino rivoluzionario, è il prodotto della Rivoluzione Messicana che , come tutti sappiamo, cominciò come movimento armato e si trasformò più tardi in movimento sociale al quale presero parte tutti i messicani senza distinzione sociale e che ha per fine il raggiungimento di una più giusta distribuzione della ricchezza e l'uguaglianza di fronte alla legge nelle opportunità e nel trattamento.
Dunque, bambino mio, quel signore che vedi suonare il claxon della sua Mustang perché la sua donna di servizio venga ad aprirgli la porta, è un umile rivoluzionario che la Patria ha ricompensato delle sue fatiche a favore della giustizia sociale. La superbia che noti in lui non è un tono da aristocratico, ma l'orgoglio peculiare alla nostra razza; bastano due anni senza fame perché ci si senta membri della migliore società.
Non chiedermi, bambino rivoluzionario, com'è che si è arricchito quel signore, né che cosa sa fare in particolare: probabilmente niente, ma questa circostanza rappresenta uno dei tanti istruttivi misteri tipici della nostra società. La Rivoluzione Messicana è come una madre amorosa, ma è cieca proprio come una madre. Il figlio che sceglie di amare, lo ama davvero, senza guardare al suo merito né alla sua intelligenza. Nella ripartizione della ricchezza a questo signore è andata bene: e possiede Mustang, serva e claxon.
Quel contadino che vedi attraversare a salti la strada, è uno di quelli che la Rivoluzione Messicana ha liberato dai padroni crudeli.
Devi infatti sapere, bambino, che al tempo della dittatura la terra della nostra patria apparteneva a pochi, così come le sue ricchezze, e il popolo viveva in schiavitù, soffrendo pene terribili. Adesso tutto è cambiato. La terra è di chi la lavora e il contadino messicano, liberato dai suoi padroni, ha irrigato e fecondato la terra con il sudore della sua fronte, e guarda ormai al futuro con fiducia.
Che sta dicendo quel contadino che ha appena attraversato a salti la strada? Che viene da Durango e che sono tre giorni che non mangia? Ah sì, mi sono dimenticato di dirti, bambino, che il paese si è industrializzato…
Quella camionetta che vedi là, bambino rivoluzionario, si chiama “la pattuglia”. E quelli che vedi dentro si chiamano “poliziotti”. La loro funzione è di proteggere la società democratica in cui viviamo e vigilare affinché le leggi vengano rispettate. Li stai vedendo in un momento di riposo, stanno mangiando un cocomero che hanno strappato a un fruttivendolo, però tra poco li vedrai, non appena si saranno puliti i baffi, mettersi in posa difronte a una banca, in attesa dell'assalto, e in difesa del pèso.
Quell'enorme magazzino in cui tutti possono entrare senza distinzione di religione, nazionalità e classe sociale, è uno dei maggiori successi del nostro sistema sociale. Lì dentro puoi vedere milionari che spingono un carrello tale e quale ai più umili, mettendoci dentro quello che trovano e quello che vogliono: vino venuto dalla Francia, salmone affumicato venuto dal Mare del Nord, acciughe del Golfo di Guascogna, sardine del Baltico, caviale del Mar Nero e calamaretti delle Indie. Si paga all'uscita.
Quelle donne con lo scialle, con un bambino sulle spalle, e che sembrano così disorientate, si chiamano “le marie”, e sono state beneficate anche loro dalla Rivoluzione. Al tempo della dittatura, i ricchi, con pochissima delicatezza, le chiamavano “indie”. Racconta la leggenda che Porfirio Díaz spedì nello Yucatán, all'estremo sud del paese, gli indios che vivevano a Sonora, all'estremo nord, e a Sonora quelli che vivevano nello Yucatán, con la speranza che il cambiamento di clima li finisse. Non riuscì nel suo intento perché gliene mancò il tempo.
La Rivoluzione, più umana, ricorse a un altro sistema. Decise che se non era possibile farla finita con gli indios, tanto valeva cambiargli nome e assimilarli alla nostra cultura. Per questo adesso le donne si chiamano “marie” e vendono chicles. Agli uomini non è stato necessario trovargli un nome, perché li hanno lasciati a vivere e crescere in un'immensa Valle del Mezquitál, deserto della desolazione.
Quelle insegne che vedi, bambino rivoluzionario, con su scritto Schultz del Messico, Greenfield del Messico, Hans Krapp del Messico, sono anche quelle del successo della Rivoluzione, perché prima che essa avvenisse tutto il capitale del Messico e tutte le fonti di produzione erano (potrai mai crederlo, bambino rivoluzionario?) in mano agli stranieri!
Da Viajes en la América ignota
Joaquín Mortiz, 1972
Da Linea d'Ombra
anno X
gennaio 1992
numero 67